Menu principale:
Canto deliro(in occasione del disastro ferroviario al tr. 1932)** in memoria di Saverio Nania.Quando la mareacede il passo agli uraganie la terra aspramente non demordedall'impari rovinarivoltando le zolle con forza inarrestabileil cuore si fermae geme un lamento, o un fievole richiamo,imperito e greve d'uomini e di coseineguagliabile come un grido non accortod'accomandare al tempo.Lasciate ch'io impetri un canto, non rassegno,come un docile conflitto inesitatoe perché il cuore non si placa di doloreMisericordia al mare.
ENTELECHIATu non vedraiegloghe di canti e di mortalifino alla linea bianca che le naviripercorrono ogni volta che la terrasi mostra esiziale dell’ultima rovina;è forma costante ogni doloredell’ordegno solitario che il tempoclàustro vomita in sé la vita persad’un malinconico sorriso,d’un lungo addio come le notti che d’estateindarno ho rivagato alla memoria tristecui provvede solo morte a consolare.E tale mi feriva un pianto,un richiamo fremente ancora di pioggiaattraverso i vetri dell’esanime mio cuore,come di campi lontanissimiormai d’un tetro ricordo immaginario,roco lamento che giammai mi paga.Tutto era chiaro ormai,solitudine d’un lago già stracolmo ed inevaso,un grido solamente d’animale fèro a morte,lacero e ferito, attraverso la miseriad’un percorso inesitato ionon posso essere felice.Chè il cuor mi nega tutto, ormai la morteha deriso ogni speranza, ogni minima gioia.Ah, già, l’Amore?E invece d’Amor privo per sempreAttendo sempre all’opera inesatta.Amore mio, perché la morte non mi paga?